martedì 26 luglio 2011

Amy Winehouse era così (E che riposi finalmente, in pace)

Sono giorni che vedo condividere video di Amy Winehouse in tutte le occasioni sociali su internet.
Con dolore, e a volte con una incomprensibile sorpresa, o peggio un senso di ingiustizia nei confronti del destino che a volte mi ha anche scandalizzato, considerato che negli stessi giorni 80 ragazzini erano finiti, loro sì, nella scure di un destino tragico e sorprendente.
Amy Winehouse, invece, era una povera ragazza caduta nel tunnel della droga, forse sotto il peso di un successo fatto di eccessi, o sotto il peso del suo carattere, o del suo essere artista o delle sue fragilità.
Aveva uno straordinario talento vocale ma l'aveva mandato a puttane, come tutta la sua vita, inseguita da chissà quali fantasmi che probabilmente non sapremo mai ma di cui sicuramente sentiremo parlare a lungo.

In tanti - in questi giorni di condivisione collettiva  di dolore artistico - hanno condiviso i suoi principali successi, back to black in testa. Per me, la sua esibizione più commovente è questa: l'ultima, prima che sospendessero un tour che non era più in grado di reggere, dove non cantava più ed era sempre e solo visibilmente alterata (e da quel 16 giugno mi domando chi le sia stato vicino e abbia cercato, o potuto, evitare quello verso cui era inevitabilmente destinata).
Questa era Amy Winehouse:  quella che si è distrutta da sola - e non per chissà quale scherzo beffardo del destino - e non poteva più resistere su quel palco dove le veniva solo da piangere.
Anche se poi saranno - giustamente - tutti i ricordi belli quelli che riascolteremo per anni e anni, consegnandola al mito: l'unico anche se eclatante lato positivo di una vita e una morte triste e tormentata.

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